IL TRIBUNALE
   Nel procedimento penale sub n. 230/92 a carico di Blasutig Luciano,
 imputato  "del reato di cui agli artt. 37 e 38 del d.m. 8 luglio 1924
 e successive modificazioni, per avere fabbricato litri 50  di  grappa
 utilizzando  apparecchi  non  denunciati  all'UTIF  e  dall'UTIF  non
 verificati. Accertato in San Pietro al Natisone il 5  febbraio  1992"
 (imputazione  specificata dal pubblico ministero, all'udienza dell'11
 maggio 1993, come oggettivamente riferita alla fattispecie di cui  al
 comma  terzo  dello  stesso  art.  37, in relazione a quanto altresi'
 previsto dal successivo art. 38);
    Premesso  che,  ai   fini   della   individuazione   della   norma
 incriminatrice  avente forza di legge, e' necessario fare riferimento
 al r.d. 30 gennaio 1896, n. 26, cosi' come recepito dall'art. 23  del
 t.u.  delle leggi sugli spiriti approvato con r.d. 10 settembre 1909,
 n. 704, e riprodotto negli artt. 37 e 38 del d.m. 8 luglio 1924;
    Considerato che il disposto di cui all'art. 37, terzo  comma,  del
 d.m.  8  luglio 1924 presenta connotati di autonoma rilevanza penale,
 in quanto delinea - in termini di delict obstacle -  la  condotta  di
 detenzione  di  apparecchiature  atte alla distillazione e di materie
 alcooliche o alcolizzabili, come tali indicativamente prodromica alla
 consumazione di altra e piu' grave condotta, quale appunto quella  di
 fabbricazione clandestina degli spiriti;
    Rilevato  che  -  nella  diversita' dei beni giuridici tutelati e,
 comunque, nella diversa e  non  omogenea  gravita'  delle  rispettive
 condotte  -  viene  ciononostante  previsto  un  identico trattamento
 sanzionatorio, che viene cosi' ad equiparare la  fattispecie  di  cui
 all'art.  37,  primo  comma, a quella di cui all'art. 37, terzo comma
 (sempre con riferimento, come gia' premesso,  al  disposto  dell'art.
 23, primo e terzo comma, del t.u. n. 704/1909);
    Considerato  che  siffatto  livellamento  nel regime sanzionatorio
 penale  tra  una  condotta  che  esprime  l'effettivo  esercizio   di
 un'attivita' economica finalizzata al contrabbando degli spiriti e la
 mera detenzione della strumentazione (soltanto) potenzialmente idonea
 a  tale  utilizzazione, presenta una ingiustificata parificazione del
 trattamento  quoad  poenam  che,  lungi  dal  costituire   una   mera
 estrinsecazione  della discrezionalita' del legislatore, offende - in
 termini di irragionevolezza - il principio cardine di cui all'art.  3
 della Costituzione;
    Rilevato,  a  tal  proposito,  come l'evoluzione giurisprudenziale
 della stessa Corte costituzionale  si  e'  a  mano  a  mano  rivelata
 attenta  nel  cogliere quei profili di irragionevolezza delle opzioni
 legislative presenti  nell'ambito  giuridico  penalistico,  come  del
 reato desumibile chiaramente dalla sentenza n. 26/1979 (relativamente
 all'art.  186  del  codice  penale  militare  di pace) e - in termini
 concettualmente  ancor  piu'  netti  -  dalla  sentenza  n.  255/1992
 (relativamente all'art. 500 del c.p.p.);